Condivido l’opinione secondo la quale sarebbe auspicabile ” lasciare che pensieri apparentemente lontani dalla musica trovino una loro strada musicale”. Non intendevo il contrario ma segnalare la prevaricazione di un pensiero extramusicale su quello musicale. La rivalutazione del ruolo dell’ascolto mira a sottrarre al feudo della ideologia (non importa se filosofica, politica, o d’altra disciplina) il segmento della composizione musicale per ridare a quest’ultima la sua intrinseca autonomia: intrusivamente aggredita da ideologie eteronome. Che la composizione musicale possa essere influenzata da un pensiero altro è condivisibile oltre che auspicabile.
Non è possibile ascoltare il Primo Libro delle Strutture di P. Boulez, senza fare naufragio nell’alienazione musicale. Non è pianisticamente fisionomico l’affidamento di dinamiche diverse presenti in sincronie coinvolgenti molteplici dita delle due mani? Così scrive K. Stockhausen nei Klavierstücke I-IV per pianoforte. E che dire del “progressismo” che Adorno attribuisce ad A. Scoenberg proponitore, nella stagione dodecafonica, di Suites preclassiche? Riformulando e semplificando enuncerei il seguente quesito: MUSICA LIBERA O MUSICA SUDDITA? Affermo che la sudditanza più funesta è quella della musica rispetto al mercato. Che il Mercato sia Libero lo dicono i Mercanti: se fu Liberale ora non lo è più.